La sentenza penale parziale, emessa su singoli capi, è irrilevante per il termine di avvio e ripresa del procedimento disciplinare del dipendente pubblico. anche in tale ipotesi si applica il principio di “autonomia temperata” che regola i rapporti tra i due procedimenti.
Il procedimento disciplinare nei confronti del personale militare deve essere instaurato o ripreso, ai sensi dell’art. 1392, co. 3, e dell’art. 1393, co. 4, d. lgs. 15 marzo 2010 n. 66, a decorrere dalla data piena conoscenza della sentenza, irrevocabile, che conclude complessivamente il processo penale. Non ha alcun rilievo, ai fini della decorrenza del termine, il passaggio in giudicato di sentenze precedenti relative a singoli capi di imputazione. Inoltre, il termine inizia a decorrere solo dalla conoscenza integrale della sentenza irrevocabile, non essendo sufficiente la mera conoscenza del dispositivo o di estratti della stessa.
Come noto, l’ordinamento ha abolito il principio di pregiudizialità del giudizio penale rispetto a quello disciplinare, stabilendo che a regolarne i rapporti sia il principio di autonomia temperata. Prima della novella del 2016, il militare che restava coinvolto in un procedimento penale non poteva essere sanzionato disciplinarmente fino all’esito del giudizio penale. Allo stato attuale, invece, pur restando ferma la rilevanza del giudicato penale ai fini della responsabilità disciplinare con riguardo all’accertamento della sussistenza o insussistenza del fatto, della sua illiceità o irrilevanza penale e all’affermazione che l’imputato non lo ha commesso (come disposto dall’art. 653 cpp), l’avvio del procedimento disciplinare, anche in pendenza di procedimento penale, costituisce la regola. La sua sospensione in attesa del giudizio penale rappresenta, infatti, l’eccezione che è giustificata da due presupposti: la natura particolarmente grave della sanzione astrattamente irrogabile e la particolare “complessità” dell’istruttoria (particolare complessità che può dirsi sussistere anche in caso di indisponibilità di elementi conoscitivi sufficienti; ossia di quegli elementi che solo le indagini penali ed il successivo dibattimento possono fornire, vista la sproporzione tra l’ampiezza e la capacità di acquisizione proprie del procedimento penale, rispetto a quello disciplinare).
Non è condivisibile la tesi secondo cui il termine per l’avvio e la conclusione del procedimento disciplinare decorrono dalla comunicazione di giudicati meramente parziali o dalla mera conoscenza, non qualificata, della sentenza che conclude definitivamente il procedimento penale.
L’eccezione rappresentata dalla sospensione del procedimento disciplinare è giustificata dalla necessità di una migliore comprensione complessiva dei fatti attorno a cui si incentrano entrambi i procedimenti, ossia dalla necessità di una valutazione unitaria della situazione (tanto che la sospensione è giustificata, in presenza di procedimento penale, anche con riferimento a fatti non penalmente rilevanti), sicché sarebbe irragionevole e arbitrario ritenere necessaria la ripresa dell’azione disciplinare a seguito di una definizione solo parziale del giudizio penale.
La sospensione del procedimento, pur integrando un interesse dell’amministrazione per consentire una migliore valutazione dei fatti, persegue anche l’interesse del dipendente che viene sottratto alle conseguenze di valutazioni disciplinari frutto di incompletezza o frettolosità e che, peraltro, potrebbero essere smentite dalle conclusioni del giudizio penale.
Ambedue le esigenze che consentono (e rendono opportuno) di attendere l’esito del giudizio penale, verrebbero frustrate laddove l’amministrazione fosse costretta ad inseguire ogni esito parziale di quel giudizio, perdendo proprio quella esigenza di più approfondita, completa e complessiva valutazione dei “fatti” che, in via di eccezione, ha permesso di non avviare subito il procedimento disciplinare.
Né può essere dimenticato che il medesimo fatto ben può costituire sia illecito disciplinare sia illecito penale e che, ferma restando l’autonomia dei due illeciti, nondimeno la valutazione in sede penale (e la formula con la quale il giudizio si conclude) non è irrilevante sul piano disciplinare.
Con riguardo invece al momento in cui si può ritenere integrata la piena conoscenza richiesta dalla norma per la decorrenza del termine di avvio e conclusione del procedimento, è inequivocabilmente ribadita la necessità che tale conoscenza sia integrale e certa; per cui – da un lato – è escluso che siano sufficienti, per la determinazione del dies a quo, la conoscenza del mero dispositivo o quella di estratti della sentenza; mentre dall’altro, le certezza richiesta impone che la conoscenza debba intervenire – in adesione alla modalità individuata dall’ordinamento per attribuire certezza legale ai provvedimenti giurisdizionali (e non solo: art. 2714 c.c.) – per mezzo di copia della sentenza conforme all’originale (Cons. Stato, sez. II, 16 agosto 2021 n. 5893).