il gse può opporre il frazionamento ingannevole di un impianto di energia rinnovabile solo se dimostra il ricorrere dei requisiti sia oggettivi che soggettivi, senza poter addurre elementi meramente indiziari, quali la compartecipazione in quota minoritaria dell’amministratore della società proprietaria dell’impianto limitrofo o l’allaccio degli impianti al medesimo punto di connessione.
Il cosiddetto artato frazionamento di un impianto FER, ossia la pratica di dividere un unico impianto in più impianti separati, al mero fine di ottenere l’incentivazione della produzione energetica è opponibile dal GSE qualora ricorrano i presupposti sia oggettivi che soggettivi previsti dalla legge.
Il presupposto soggettivo non può essere ritenuto sussistente sulla base di elementi meramente indiziari.
Ciò detto, la giurisprudenza ha chiarito che gli elementi meramente indiziari non sono sufficienti, da soli, a ricondurre gli impianti nell’ambito del divieto citato e a determinare gli effetti negativi che ne conseguono, che ci si propone di illustrare brevemente di seguito.
Il semplice intreccio di una quota societaria di minoranza in una delle imprese titolari degli impianti e l’amministrazione dell’altra, da solo, non appare sufficiente a dedurne l’identica titolarità degli impianti. L’onere della prova del collegamento tra imprese ricade sulla parte che ne affermi l’esistenza, e la dimostrazione deve necessariamente fondarsi su elementi di fatto univoci, non suscettibili cioè di letture alternative o dubbie, desumibili dalla struttura imprenditoriale dei soggetti coinvolti (ossia dal loro assetto interno, personale o societario). La circostanza che l’amministratore di una impresa possieda una partecipazione minoritaria nel capitale sociale di altra impresa costituisce indizio che non sembra possedere quei requisiti di gravità, precisione e concordanza imprescindibili ai fini della rilevanza probatoria di cui si è detto; tanto più se non risulta e non viene nemmeno dedotto che il socio di minoranza si sia ingerito nella gestione della società, o vi abbia esercitato alcuna influenza dominante. Non si è, dunque, in presenza di concreti e apprezzabili elementi probatori di un collegamento sostanziale.
E ancora, nemmeno le coincidenze di date relative alla fase burocratica e costruttiva appaiono decisive per desumerne la fattispecie di artato frazionamento. È plausibile, infatti, che professionisti, i quali in un piccolo centro verosimilmente curano molteplici pratiche similari, si organizzino per assolvere gli adempimenti burocratici nelle medesime giornate. Le date riferite all’esecuzione dei lavori ed all’avvio della gestione rimangono, poi, condizionate sia da professionisti ed imprese incaricati, che logicamente cercano di far convergere gli adempimenti relativi ad incarichi in aree limitrofe, in modo da massimizzare il guadagno, sia da E-distribuzione, che impone il proprio “calendario”, al quale è finalizzata l’organizzazione dell’impresa costruttrice.
Quanto, poi, al profilo oggettivo, occorre premettere che il punto di connessione non fa parte dell’impianto, posto che l’individuazione del punto di connessione e le modalità di connessione competono ad E-distribuzione s.p.a.; anche in considerazione di quanto previsto nella nota 9964/2014 del MISE secondo la quale più impianti che condividano opere di connessione alla rete (trasformatori, stazioni di raccolta, cabine e linee elettriche) vanno considerati, ai fini degli incentivi, come impianti distinti.
In tale prospettiva, anche la condivisione di un medesimo punto in una medesima particella non integrerebbe la fattispecie di unicità degli impianti.
L’art. 2 del d.m. 23 giugno 2016 stabilisce che “l’impianto alimentato da fonti rinnovabili è l’insieme delle opere e delle apparecchiature, funzionalmente interconnesse, destinate alla conversione dell’energia rinnovabile in energia elettrica” e comprende, tra l’altro, “i gruppi di generazione dell’energia elettrica, i servizi ausiliari di impianto, i trasformatori posti a monte del o dei punti di connessione alla rete elettrica, nonché i misuratori dell’energia elettrica funzionali alla quantificazione degli incentivi“.
La norma definisce quindi l’impianto elencando una serie di componenti “posti a monte del o dei punti di connessione alla rete elettrica”, il che lascia intendere che il punto di connessione non vada considerato parte integrante dell’impianto.
Peraltro, l’ubicazione dei punti di connessione è determinata in modo unilaterale dal gestore di rete il quale individua l’area in cui collocarli sulla base di ragioni di ottimizzazione del sistema elettrico.
A ciò si aggiunga, inoltre, che posto che la nozione di unicità del sito si identifica nell’identità dell’area territoriale di installazione degli impianti, venendo integrata qualora due o più impianti siano tra loro prossimi e, dunque, siano concepibili come parti di un progetto unitario, teso al perseguimento del medesimo scopo concreto (presupposto che può riscontrarsi a fronte di impianti ubicati nella stessa particella ovvero in presenza di particelle catastali contigue, come affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, 12 ottobre 2022, n.8718 e sez. II, 12 aprile 2022, n. 2747), deve escludersi l’integrazione della fattispecie quando i due impianti sussistono in due particelle non contigue.